Ebbrezza nella notte

L’inizio di un venerdì sera come tanti altri; pochi piani e poche idee, aspettando di percorrere i sentieri della notte inondati dai fiumi dell’alcol. L’inizio è sempre il medesimo: circondato dalla gente al bar, le voci riempiono il vuoto del silenzio. Eppure, è propio in questi momenti, nel quale si è più circondati dalla gente che uno si sente più solo. 

Cosa fosse ha poca importanza: forse stavamo festeggiando un compleanno, forse era una laurea, o forse era qualche altra cosa, qualunque cosa fosse ha poca importanza. Ad ogni modo brindavamo alla mediocrità del futuro prossimo. 

Versa, riempi, bevi. Versa, riempi, bevi. Una sequenza cronologica perfetta. Catena di montaggio per lo sballo, funzione del divertimento applicato all’esoterico potere della notte. 

Il tempo passa, il mio esofago continua a inghiottire alcol. La circolazione sanguigna diffonde l’ebbrezza alcolica attraverso il corpo, e la magia prende luogo. Il tempo inizia a danzare, e la solitudine sparisce. 

La stolta giovinezza è una compagna fedele del sentimento alcolico. Il gatto e la volpe, che a braccetto corrompono la capacità di giudizio, narrandoli possibilità di vicende impossibili, alimentandola con storie di avventure. La corruzione di un futuro migliore, la più grande bugia di cui l’uomo si inganna durante la sua esistenza. 

Ted Mosby diceva sempre che non succede nulla di buono dopo le due di notte, e cavolo! Ha maledettamente ragione.  

Mentre la tediosità dello spirito incolto, vaga per la strada danzando con la fanciullezza disinvolta allo stato etilico del continuo, le stelle di Dionisio brindano al calar del sole. Ormai sono giunto a maturazione, e ubriaco mi ritrovo a vagare per le strade. 

Vandalo urinatore svuoto la vescica sulle mura, al loro interno la gente dorme beata del tutto ignara. Mentre scrollo minuziosamente il mio fidato Gulliver, delle luci blu sorgono all’orizzonte, guai in vista per il monsignore, ma dove sono i miei fidati compagni? 

I guardiani puntano una torcia, inondandomi di domande esistenziali del tipo “chi sono?” E “da dove vengo?” Gli uomini più saggi di tutti i tempi, hanno impiegato una vita intera per rispondere a simili enigmi, e forse, solo in punto di morte sono giunti a delle risposte. Come potrei io, un semplice giovane, conoscere la risposta? L’alcol non da verità ma solo illusioni. Comunque, a interrogatorio finito, contattai i miei compagni, onde elettromagnetiche ad alta frequenza, ecco come riuscii ad contattarli, ma essi mi dissero che la notte per loro era giunta alla fine, e nelle loro felici dimore ormai si trovavano. Cosa fare quindi? 

Il girono seguente avrei avuto l’esame di guida per prendere la patente, e nei casi di indecisione, quando non si sa cosa fare, esiste sempre un metodo infallibile per trovare la cosa giusta da fare. Mi chiedo: cosa farebbe una super intelligenza al mio posto? E appena vidi la macchina di mia madre parcheggiata sotto casa, la risposta fu quanto mai chiara: decisi di andare a fare benzina. Tutto aveva un senso: voglio bene a mia madre, e nel mio portafoglio c’era ancora del denaro, inoltre il giorno seguente avrei avuto l’esame di guida. Tutto quadrava, il metodo infallibile decisionale della super intelligenza, ancora una volta, aveva dato i suoi frutti. 

Salgo in macchina frecciando nella notte amica, in meno che non si dica arrivo al distributore. Rifornisco la macchina con tutti i miei averi, e risalgo, ma che fare? Dove andare? I miei glutei per la prima volta si ritrovano sopra un bolide a quattro ruote senza nessun supervisore accanto, l’unico limite è il cielo stesso. Vagherò per i promontori dei mari, vagherò in cerca del miglior posto nel quale cantare le lodi alla Luna, sorella eterna della nostra Terra. 

Ad ogni storia il suo misfatto, in questo caso, il misfatto è stato provocato da una salita troppo salita, e dalla mia inesperta capacità al volante, ecco il resoconto: 

Guido inebriato, l’odore della notte, la melodia del motore, e la luce dei fari. La libertà non è mai stata descritta meglio. La strada è deserta circondata dal bosco, mentre corre su per il promontorio. Sale e scende, si snoda e si biforca, sul sentiero solo qualche sporadica casa. All’improvviso però, sale come non era mai salita, per la macchina è troppo. Io, invece che scalare di marcia così da avere più coppia, decido di fare l’innominabile: retro marcia, e rincorsa per superare l’ostacolo. Ma proprio mentre do il via ai preparativi della grande impresa, mi ritrovo catturato dal fosso. Si, la stoltezza mi ha guidato fuori strada. Umiliato e bloccato. 

Il piede preme con tutta la forza che ho nel corpo sull’acceleratore. Le gomme stridono sull’asfalto. Nubi di gas dall’odore di bruciato si alzano dall’asfalto, ma niente da fare la macchina rimane incagliata come una nave nella bassa marea. Si, l’oceano è la metafora perfetta per la vita. 

Nel panico più totale, non so cosa fare. Dovrei forse sperare nell’aiuto di un passante? Ma chi mai per quelle strade nel mezzo della notte? E se anche qualcuno passasse, che storia potrei mai raccontare? Non sono altro che un Don Chisciotte e la mia macchina è  Sancio Panza, compagna e vittima della mia stolta ebbrezza stradale. 

Con il cuore che batte come un tamburo e l’adrenalina a mille, l’etilene è ormai sparita dall’organismo, e la disperazione insieme al panico inizia a comparire. All’improvviso, sento dei  colpi venire dal posteriore della vettura. Dal bosco emerge: viandante della notte, angelo custode degli argonauti notturni, supereroe senza nome. L’uomo, di anni sessanta, indossa un impermeabile da marinaio verde. La mia speranza torna ad alimentarsi, penso che ora sia tutto finito. L’uomo non parla la mia lingua, è uno straniero giunto da una terra lontana. Con tutto noi stessi cerchiamo di sbloccare la macchina, ma senza il minimo successo. Il fosso è un avversario avido e non scende a patti con nessuno, solo una forza meccanica, frutto del progresso umano può sbloccare la situazione. Tra i promontori della costa le onde elettromagnetiche non trovano segnale. Io e il mio compagno decidiamo di incamminarci verso il paese più vicino, li forse le comunicazioni funzionano, e posso chiamare qualcuno in mio soccorso. La luna è ancora alta nel cielo, chi sa quante avventure simili, quante tragedie e notti felici ha visto. Luna: ogni essere umano ha trascorso la sua esistenza sotto la sua vista. È nato e morto sotto la sua luce. Alzato la testa chiedendola di illuminare la strada nelle notte buie. Dal primo uomo nella pianura africana, fino a me, in questa sfortunata notte. Quale magnifica continuità materiale dai sapori metafisici. 

Un tempo indeterminato è passato, ma dei fanali ci illuminano dopo una curva. Una macchina che mi incrocia sulla strada del destino, altri argonauti della notte giunti da una terra straniera. Con la pietà negli occhi rispondono alla richiesta di aiuto di un Don Chisciotte impaurito. 

La potenza meccanica del motore a combustione interna e la forza di trazione dei cavi ad essa collegati, sbloccano la mia vettura, lo sfortunato Sancio Panza. 

A ringraziamenti dovuti, i miei nuovi compagni mi consigliano di fare guidare il vecchio marinaio, l’uomo vestito da pescatore. Ha più esperienza di te, ed è abilitato alla guida, è più sicuro. Così mi dicono, e così ha senso. Saliamo in macchina, e la nostra piccola carovana parte, pronta ad atterrare nel mondo esterno di Maya, formato di mediocrità e illusione che compare ogni giorno all’albeggiare. Non voglio però portare il mio compagno a casa mia, è un compagno sconosciuto, non ho idea della sua identità. 

Nella macchina il tempo è fermo, ma io parlo, non so di cosa, ma parlo. Stiamo ripercorrendo all’indietro le strade del promontorio, scendendo per i suoi tornanti. Le luci della città compaiono all’orizzonte. All’improvviso, senza la benché minima ragione, le mani di quello sconosciuto signore si mettono intorno alla mia gola, e con forza cerca di farmi sbattere la testa sul cruscotto così da farmi perdere i sensi. Pongo resistenza, e con una forte sterzata mi libero dalla sua presa. Cosa fare? Rispondere all’attacco? No, assolutamente no. Lui è ai comandi, se rispondo finiremo fuori strada e tutti gli sforzi risulteranno inutili. Il cerchio tornerebbe al suo inizio. In guardia e pronto a rispondere, gli impongo di accostarsi. Egli esegue. Con una rapidità sorprendente, mi sgancio la cintura, spengo l’auto, tolgo le chiave, e scendo. Mi reco dai miei compagni dell’altra vettura. Racconto l’accaduto ed essi scendono. Al nostro arrivo, quella creatura della notte scende e scappa nei boschi. Mai più lo rividi. 

Li ringrazio dell’aiuto, salgo in auto e alla fine, quando ormai è giorno, giungo a casa. E vado a letto. 

La sera seguente, finalmente, sono abilitato alla guida. 

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